lunedì 30 settembre 2013

non è un paese per veccchi ....

L'infertilità nei paesi industrializzati ha raggiunto negli ultimi anni livelli crescenti.
La denatalità nel nostro paese , specie nelle regioni del nord ha assunto aspetti preoccupanti.
Le stime dell'ONU per il quinquennio che va dal 2008 al 2013, ci pongono al 183 posto  su 195 con una media di 9,2 nati per 1000 abitanti (fonte wikipedia).
Fare delle considerazioni di tipo sociologico non è impresa facile, in quanto dopo di noi nella classifica seguono alcuni paesi dell'Europa dell'est, alcune paesi orientali (Singapore, rep. Macao) e stranamente la Germania.
Evidentemente i motivi di una così grave denatalità non sono univoci. Se possiamo identificare  in alcuni paesi dell'est Europa le cause della denatalità nella crisi che attanaglia economie non floridissime, che per forza di cose non possono destinare grandi risorse al sostegno dello sviluppo, demografico, parimenti è facile immaginare che nei paesi orientali le politiche di controllo demografico agiscano con particolare efficacia. Rimane controverso il dato della Germania, paese in cui gli effetti della crisi economica hanno avuto un impatto senz'altro minore rispetto al resto d'Europa,  in una realtà peraltro in cui come è tradizione nelle democrazie nordiche esiste una grande attenzione alle politiche del welfare..
In ogni caso, non era di questo che volevo parlare, ma della problematiche connesse alla riproduzione umana.
Un dato è certo in una economia industriale  depressa la carenza di risorse limita  la spinta demografica, mentre nei paesi in via di sviluppo avviene il contrario l'incremento numerico degli individui  cerca di controbilanciare la carenza di risorse economiche.
Ma torniamo in casa nostra. Chi come me si occupa di problemi riproduttivi non può fare a meno di notare che negli ultimi decenni si è avuto un incremento delle patologie riproduttive.
La spiegazione è semplice e immediata. 
Noi siamo un Paese industrializzato, facciamo parte del club delle 20 migliori economie del mondo (almeno in linea teorica). Abbiamo tuttavia pagato a questo un prezzo,  quello della denatalità tipica del paese industrializzato.
Ma ora al danno si aggiunge la beffa. impieghiamo anni e anni a formare le nuove leve da impiegare nei vari settori dell'economia, e quando sono finalmente pronte non siamo in grado per mancanza di una seria politica di programmazione a fornire risposte concrete alle aspettative lavoro.
Il giovane di oggi non ha lavoro, non ha credito, non riesce a metter su famiglia, e in questo scenario il progetto di avere dei figli non è il primo della lista.
Il progetto figli viene cosi rimandato sine die con conseguenze pesanti sulla fertilità futura.
Senza entrare nell'ambito della terapia ci limitiamo a auspicare da parte dei politici  una attenzione maggiore alle misure di incentivazione della famiglia e alle politiche sanitarie volte alla  diffusione di una nuova cultura riproduttiva.
L'infertilità   è stata troppo a lungo considerata una patologia di serie B cui destinare risorse economiche marginali, E' ora che ci si renda conto che lo sviluppo economico e sociale parte da un adeguato ricambio generazionale  che deve essere sostenuto e  incentivato con adeguate politiche per la famiglia.

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