Infertilità da occlusione
tubarica
Mito o realta ?
La cosidetta infertilità da occlusione tubarica è un
problema che sembra affliggere molte coppie alla ricerca di una gravidanza, ma
di cosa si tratta nel dettaglio, quali sono le cause e quali i rimedi se ve ne
sono?
Cominciamo da alcune note di anatomia.
La tuba di Falloppio dal nome di Gabriele Falloppio, anatomista del ‘600 che per primo la descrisse , è un
organo pari, simmetrico posto in continuità con le pareti laterali dell’utero, in prossimità del
fondo.
Le tube sono in
comunicazione diretta con la cavità dell’utero
con una estremità, e all'altra
estremità comunicano con la cavità peritoneale.
La loro morfologia è simile a quella di un sottile
tubicino con l’estremità peritoneale che
termina con delle digitazioni che
avvolgono parte della superficie ovarica, le cosiddette fimbrie.
L’interno del lume
tubarico è rivestito da un epitelio
specializzato composto da cellule che possiedono al loro apice un apparato
microciliare e cellule che secernono muco.
E’ proprio nella tuba di Falloppio che avviene il “miracolo” del concepimento.
In questa sede l’ovocita viene “catturato” dalla tuba all'interno del suo lume e qui attende gli spermatozoi che risalgono
attraverso la cervice uterina all’interno delle tube.
Una volta giunti nelle tube, gli spermatozoi
circondano l’ovocita e con gli enzimi contenuti nella loro porzione apicale,
l’acrosoma, attaccano lo spesso involucro , una matrice glicoproteica , che
circonda l’ovocita stesso, la zona pellucida.
Un solo spermatozoo
riesce a penetrare la zona pellucida e
ad entrare nel citoplasma della cellula uovo. In questa fase si realizza la
fusione dei corredi cromosomici di spermatozoo e ovocita.
il risultato di questo
processo di fusione dei cromosomi è lo zigote, lo stadio più precoce di un
embrione . Nella tuba lo zigote inizia il processo di replicazione cellulare
che lo porterà nel giro di alcuni giorni , in
media 3 – 4 allo stadio di
blastocisti. In quest’ultima i processi di replicazione cellulare procedono
molto rapidamente e all’interno della massa cellulare che la compongono si
comincia a delineare una cavità ripiena di liquido il blastocele.
La migrazione della blastocisti
dall’interno della tuba alla cavità uterina, avviene grazie
all’azione combinata del movimento delle microciglia, e a i movimenti
peristaltici della muscolatura della
tuba stessa
Questo processo avviene in
condizioni normali, quando le tube sono in possesso della loro integrità
anatomica.
Accade qualche volta che le tube presentino dei problemi. Di solito si
parla di occlusione tubarica, ma il più delle volte il transito delle tube non
è definitivamente bloccato, o per lo meno può non esserlo per delle strutture
microscopiche come spermatozoo e ovocita.
Bisogna ricordare che le
dimensioni massime di uno spermatozoo sono
di circa 7 micron nel tratto cefalico , vale a dire 7 millesimi di
millimetro. L’ovocita, misura circa 150 micron, è sensibilmente più grande ma
purtuttavia di dimensioni infinitesimali.
Risulta difficile ipotizzare che
delle strutture tanto piccole non riescano a trovare un varco tra le pareti
della tuba “occlusa”.
La definizione di occlusione, non
è infatti una definizione di tipo funzionale, ma è una constatazione legata più che altro alla meccanica dei
fluidi , che poco a che vedere con la funzionalità della tuba medesima.
Uno degli esami, che noi
ginecologi effettuiamo più spesso nella diagnostica della infertilità è, per l’appunto, l’isterosalpingografia.
Si tratta di un esame radiologico
che ci consente di visualizzare mediante l’iniezione attraverso il collo
dell’utero con un’apposita cannula, di un mezzo di contrasto radio opaco che sulla lastra fornisce l’impronta della cavità
uterina, cui si associano due immagini filiformi, riconducibili al lume
tubarico.In condizioni normali, si osserva uno spandimento del mezzo di
contrasto in cavità peritoneale.
In alcuni casi lo
spandimento in peritoneo non avviene e
l’immagine che appare sulla radiografia mostra
solo la cavità uterina o porzioni più o meno variabili delle tube,
ma senza che risulti apprezzabile lo spandimento del mezzo di contrasto. Il
radiologo pone quindi la diagnosi radiologica di occlusione tubarica.
Nella pratica clinica capita
spesso di vedere dei quadri isterosalpingografici definiti normali, senza che
la coppia riesca ad ottenere il concepimento nonostante la normalità di tutti
gli altri parametri, e al contrario dei quadri radiologici francamente
patologici che, seppur più raramente sono seguiti da concepimento.
Come si spiega tutto ciò?
La spiegazione sta nel fatto
che l’esame isterosalpingografico ha una bassa specificità per quanto attiene
gli aspetti funzionali delle tube, è un esame che può fornire discrete informazioni della morfologia
endocavitaria dell’utero, e delle tube,
ma nulla mi restituisce in termini di conoscenza di eventuali alterazioni
funzionali . Tuttavia se desideriamo delle informazioni più dettagliate sulla
morfologia della cavità uterina, un studio isteroscopico ci fornisce informazioni più precise, in
quanto consente una visualizzazione diretta delle strutture esaminate.
Ma allora perché continuiamo a
prescrivere e ad eseguire l’isg?
E’ un esame che si fa da moltissimi anni, probabilmente i
ginecologi sono affezionati a questo esame rudimentale,che purtuttavia essendo
di facile e rapida esecuzione può comportare dei vantaggi in termini
diagnostici. Nulla a che vedere con la messe di informazioni che si
otterrebbero con un esame laparoscopico, che ci permette di esplorare la cavità addominale, e l’apparato riproduttivo femminile, al
prezzo di una invasività molto maggiore,
e di un ricovero ospedaliero, rispetto alla semplice isg.
Perché allora , come si accennava
prima una paziente con un quadro iterosalpingografico “normale” non riesce a
ottenere il concepimento desiderato, a dispetto della apparente normalità di
tutte le altre variabili della fertilità?
La risposta potrebbe stare nel
fatto che non è necessario che una tuba
si occluda per smettere di funzionare. L’occlusione completa, quella che
per intenderci sbarra la strada al mezzo di contrasto, è l'esito di un
processo infiammatorio così marcato da determinare un collabimento delle pareti
tubariche, ma anche un processo infiammatorio meno severo è in grado di
alterare in modo consistente l’architettura microscopica del tessuto
endotubarico, lasciando la pervietà
della tuba inalterata, ma ponendola di fatto fuori uso.
In questi casi è opportuno parlare
di patologia tubarica non ostruttiva.
Di solito questi quadri sono
associati a infezioni sessualmente trasmesse, alcuni germi hanno una
particolare predilizione per alcuni organi. La clamidia, il micoplasma,
l’ureoplasma, sono tra i microorganismi più frequentemente isolati dal tratto tubarico. La clamidia è a volte responsabile
di un quadro molto severo di infiammazione degli organi pelvici, fino a
determinare una vera e propria sindrome aderenziale diffusa. Si parla in questi
casi di malattia infiammatoria pelvica.
A dispetto del quadro
anatomopatologico severo, in molti casi
queste infezioni non hanno un quadro clinico marcato. Le pazienti accusano
nella maggior parte dei casi dei vaghi dolori pelvici o una modesta febbricola
serale.
Cosa ci può aiutare in questi casi
nella diagnosi?
L’osservazione clinica, il
riscontro di un partner maschile con una flogosi seminale cronicizzata, o
ancora meglio il riscontro di un profilo immunologico anticorpale contro questi
germi possono orientare il sospetto e nel caso di una gravidanza tardi oltre un
certo limite è lecito valutare insieme alla coppia l’opportunità di un
concepimento assistito.
Nessun commento:
Posta un commento