mercoledì 9 settembre 2015

Infertilità da occlusione tubarica
Mito o realta ?


La cosidetta infertilità da occlusione tubarica è un problema che sembra affliggere molte coppie alla ricerca di una gravidanza, ma di cosa si tratta nel dettaglio, quali sono le cause e quali i rimedi se ve ne sono?

Cominciamo da alcune note di anatomia.
La tuba di Falloppio dal nome di  Gabriele Falloppio, anatomista   del ‘600 che per primo la descrisse , è un organo pari, simmetrico posto in continuità con le  pareti laterali dell’utero, in prossimità del fondo.

Le tube  sono in comunicazione diretta con la cavità dell’utero  con una estremità,  e all'altra estremità comunicano con la cavità peritoneale.
La loro morfologia è simile a quella di un sottile tubicino  con l’estremità peritoneale che termina con delle digitazioni  che avvolgono parte della superficie ovarica, le cosiddette fimbrie.
L’interno del lume tubarico è rivestito  da un epitelio specializzato composto da cellule che possiedono al loro apice un apparato microciliare   e cellule che secernono muco.

E’ proprio nella tuba di Falloppio   che avviene il “miracolo” del concepimento. In questa sede l’ovocita viene “catturato” dalla tuba  all'interno del suo lume  e qui  attende gli spermatozoi che risalgono attraverso la cervice uterina  all’interno delle tube.
Una volta giunti nelle  tube, gli spermatozoi circondano l’ovocita e con gli enzimi contenuti nella loro porzione apicale, l’acrosoma, attaccano lo spesso involucro , una matrice glicoproteica , che circonda l’ovocita stesso, la zona pellucida.
Un solo spermatozoo riesce a penetrare  la zona pellucida e ad entrare nel citoplasma della cellula uovo. In questa fase si realizza la fusione dei corredi cromosomici di spermatozoo e ovocita.
il risultato di questo processo di fusione dei cromosomi  è lo zigote, lo stadio più precoce di un embrione . Nella tuba lo zigote inizia il processo di replicazione cellulare che lo porterà nel giro di alcuni giorni , in  media 3 – 4  allo stadio di blastocisti. In quest’ultima i processi di replicazione cellulare procedono molto rapidamente e all’interno della massa cellulare che la compongono si comincia a delineare una cavità ripiena di liquido il blastocele.
                                                               
La migrazione della blastocisti dall’interno della tuba alla cavità uterina, avviene grazie all’azione combinata del movimento delle microciglia, e a i movimenti peristaltici  della muscolatura della tuba stessa
Questo processo avviene in condizioni normali, quando le tube sono in possesso della loro integrità anatomica.
Accade qualche volta che  le tube presentino dei problemi. Di solito si parla di occlusione tubarica, ma il più delle volte il transito delle tube non è definitivamente bloccato, o per lo meno può non esserlo per delle strutture microscopiche come spermatozoo e ovocita.
Bisogna ricordare che le dimensioni massime di uno spermatozoo sono  di circa 7 micron nel tratto cefalico , vale a dire 7 millesimi di millimetro. L’ovocita, misura circa 150 micron, è sensibilmente più grande ma purtuttavia di dimensioni infinitesimali.
Risulta difficile ipotizzare che delle strutture tanto piccole non riescano a trovare un varco tra le pareti della tuba “occlusa”.
La definizione di occlusione, non è infatti una definizione di tipo funzionale, ma è una constatazione  legata più che altro alla meccanica dei fluidi , che poco a che vedere con la funzionalità della tuba medesima.
Uno degli esami, che noi ginecologi  effettuiamo più spesso  nella diagnostica della  infertilità è,  per l’appunto,  l’isterosalpingografia.
Si tratta di un esame radiologico che ci consente di visualizzare mediante l’iniezione attraverso il collo dell’utero  con un’apposita cannula, di  un mezzo di contrasto radio opaco che  sulla lastra fornisce l’impronta della cavità uterina, cui si associano due immagini filiformi, riconducibili al lume tubarico.In condizioni normali, si osserva uno spandimento del mezzo di contrasto in cavità peritoneale.
In alcuni casi lo spandimento in peritoneo non avviene  e l’immagine che appare sulla radiografia mostra  solo la  cavità uterina  o porzioni più o meno variabili delle tube, ma senza che risulti apprezzabile lo spandimento del mezzo di contrasto. Il radiologo pone quindi la diagnosi radiologica di occlusione tubarica.
Nella pratica clinica capita spesso di vedere dei quadri isterosalpingografici definiti normali, senza che la coppia riesca ad ottenere il concepimento nonostante la normalità di tutti gli altri parametri, e al contrario dei quadri radiologici francamente patologici che, seppur più raramente sono seguiti da concepimento.
Come si spiega tutto ciò?

La spiegazione sta nel fatto che  l’esame isterosalpingografico  ha una bassa specificità per quanto attiene gli aspetti funzionali delle tube, è un esame che può  fornire discrete informazioni della morfologia endocavitaria dell’utero,  e delle tube, ma nulla mi restituisce in termini di conoscenza di eventuali alterazioni funzionali . Tuttavia se desideriamo delle informazioni più dettagliate sulla morfologia della cavità uterina, un studio isteroscopico  ci fornisce informazioni più precise, in quanto consente una visualizzazione diretta delle strutture esaminate.
Ma allora perché continuiamo a prescrivere e ad eseguire l’isg?
E’ un esame  che si fa da moltissimi anni, probabilmente i ginecologi sono affezionati a questo esame rudimentale,che purtuttavia essendo di facile  e rapida esecuzione  può comportare dei vantaggi in termini diagnostici. Nulla a che vedere con la messe di informazioni che si otterrebbero con un esame laparoscopico, che ci permette di esplorare  la cavità addominale,  e l’apparato riproduttivo femminile, al prezzo di una invasività molto  maggiore, e di un ricovero ospedaliero, rispetto alla semplice isg.
Perché  allora , come si accennava prima una paziente con un quadro iterosalpingografico “normale” non riesce a ottenere il concepimento desiderato, a dispetto della apparente normalità di tutte le altre variabili della fertilità?
La risposta potrebbe stare nel fatto che non è necessario che una tuba  si occluda per smettere di funzionare. L’occlusione completa, quella che per intenderci sbarra la strada al mezzo di contrasto, è l'esito  di un processo infiammatorio così marcato da determinare un collabimento delle pareti tubariche, ma anche un processo infiammatorio meno severo è in grado di alterare in modo consistente l’architettura microscopica del tessuto endotubarico, lasciando la pervietà  della tuba inalterata, ma ponendola di fatto fuori uso.
In questi casi è opportuno parlare di patologia tubarica non ostruttiva.
Di solito questi quadri sono associati a infezioni sessualmente trasmesse, alcuni germi hanno una particolare predilizione per alcuni organi. La clamidia, il micoplasma, l’ureoplasma, sono tra i microorganismi più frequentemente  isolati dal tratto tubarico. La clamidia è a volte responsabile di un quadro molto severo di infiammazione degli organi pelvici, fino a determinare una vera e propria sindrome aderenziale diffusa. Si parla in questi casi di malattia infiammatoria pelvica.
A dispetto del quadro anatomopatologico  severo, in molti casi queste infezioni non hanno un quadro clinico marcato. Le pazienti accusano nella maggior parte dei casi dei vaghi dolori pelvici o una modesta febbricola serale.
Cosa ci può aiutare in questi casi nella diagnosi?
L’osservazione clinica, il riscontro di un partner maschile con una flogosi seminale cronicizzata, o ancora meglio il riscontro di un profilo immunologico anticorpale contro questi germi possono orientare il sospetto e nel caso di una gravidanza tardi oltre un certo limite è lecito valutare insieme alla coppia l’opportunità di un concepimento assistito.




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