lunedì 1 febbraio 2016

Malattie sessualmente trasmesse


 





 


Questo  articolo non ha finalità scientifiche, ma soltanto divulgative per tale motivo  alcuni particolari clinici e microbiologici  sono volutamente omessi allo scopo di rendere la lettura più agevole  e fornire un’idea di massima delle problematiche connesse agli aspetti della sessualità e della riproduzione.


Un tempo note con l’aggettivo veneree rappresentano un’emergenza mondiale in termini di diffusione e di pericolosità clinica. Hanno dei pesanti risvolti  sul vissuto sociale ed emotivo di milioni di  persone nel mondo, e comportano un  dispiego  di enormi  risorse economiche per  la loro individuazione e trattamento .
Sono  malattie che si diffondono con i rapporti sessuali, e come tali, spesso legate a momenti in cui le difese intrapsichiche collegate alla paura del contagio  sono per così dire attenuate, inducendo a volte a comportamenti imprudenti.
Le MST  riconoscono una ventina di agenti patogeni  e numerosi quadri clinici
Alcune di esse hanno la caratteristica di avere un lungo periodo di incubazione prima della  manifestazione clinica e spesso sono asintomatiche all’inizio, o presentano pochi sintomi.
Questo fa si che il soggetto infetto  possa diventare inconsapevolmente  una importante fonte di contagio.
Per avere un’idea delle dimensioni del problema i dati della Organizzazione mondiale della sanità riportano circa 340 milioni di nuovi casi /anno, in Europa è stimata una incidenza di 47 milioni di nuovi casi/anno. In Italia l’incidenza stimata è di 4.000 nuovi casi/anno.
I dati relativi all’Italia sono parziali in quanto per molte patologie sessualmente trasmesse non esiste l’obbligo di denuncia ai competenti uffici sanitari. Per tale motivo dal 1991, è operativa una rete di sorveglianza costituita da laboratori  di microbiologia, e istituti clinici, allo scopo di registrare e monitorare i dati epidemiologici di tali malattie.
Il dato di grande rilievo, è costituito dal fatto che dal 2005 al 2013, si è avuto un incremento di circa il 31% rispetto al periodo dal 1991 al 2004.
In ordine di frequenza l’infezione da clamidia è al primo posto, colpisce prevalentemente le donne in una fascia di età compresa tra 15 e 24 anni.
Al secondo posto troviamo la gonorrea, che colpisce soprattutto i maschi con un rapporto di 3 a 1 .
Al terzo posto si posiziona l’infezione da treponema pallidum, altrimenti nota come sifilide, con una incidenza quadrupla nell’uomo rispetto alla donna.
Per semplicità espositiva possiamo suddividere le malattie sessualmente trasmesse in batteriche, virali, micotiche, parassitarie.
A loro volta le infezioni batteriche sono suddivisibili in gonococciche e non gonococciche.
Passiamo in rassegna i quadri clinici di più frequente riscontro.
Come si accennava in precedenza i quadri clinici  delle infezioni sessualmente trasmissibili,
sono molteplici. L’elemento che li accomuna è tuttavia la presenza di una sintomatologia più o meno marcata a carico delle mucose genitali, che sono il bersaglio e allo stesso tempo in alcuni casi il serbatoio di un agente patogeno.
 
Vaginosi batteriche
Tra le affezioni  di più comune riscontro troviamo cosiddette vaginosi batteriche. Esse sono sostenute da germi come la gardnerella vaginalis, haemofilus vaginalis, micoplasma o altri germi quali lo streptococco, l’enterococco. I sintomi caratteristici sono rappresentati da una secrezione vaginale giallastra, maleodorante, associata a infiammazione, arrossamento e prurito delle mucose.
Tale affezione può nell’uomo determinare una uretrite e secondariamente una infezione delle vie di escrezione degli spermatozoi, epididimo, deferente, vescicole seminali e prostata.
Altre e più gravi forme di vaginite sono quelle sostenute dal diplococco neisseria gonorrhoeae.
 Si tratta di un batterio con la caratteristica forma doppia, a chicco di caffè. Si localizza prevalentemente nell’uretra, sia maschile che femminile, provocando una forte infiammazione delle mucose, con la produzione di un materiale purulento che fuoriesce abbondantentemente.
Dall’ iniziale sede uretrale, il germe può diffondersi verso le porzioni più alte dell’apparato genitale, complicando il quadro clinico dell’infezione iniziale. Nell’uomo, è frequente riscontrare di quadri di uretrite gonococcica complicati da  epididimite, orchite e prostatite acuta. Nella donna, la risalita lungo le vie genitali può comportare una infezione delle tube, (malattia infiammatoria pelvica)  e dei tessuti pelvici circostanti, fino ai quadri più gravi di ascesso pelvico.
Naturalmente questi quadri si osservano in quei casi in cui la diagnosi non viene posta tempestivamente, non viene instaurata una adeguata terapia antibiotica, e come quando  spesso accade il soggetto colpito è immunodepresso.
Altri agenti patogeni di frequente riscontro nelle mucose genitali sono il micoplasma homini e l’ureoplasma urealiticum, entrambi appartengono alla famiglia delle mycoplasmataceae, sono delle cellule molto piccole con la peculiarità di essere sprovvisti di una vera e propria parete cellulare.
Entrambi , spesso sono presenti , come ospiti abituali delle mucose genitali, in una condizione di equilibrio con gli altri germi presenti. Quando si realizza l’infezione, si manifestano i sintomi che peraltro sono comuni ad altri agenti patogeni: arrossamenti, bruciori, secrezioni vaginali o ureterali.
Non bisogna trascurare il fatto che le infezioni da mycoplasma e ureoplasma sono state messe in relazione con gravi  patologie in gravidanza ad es. aborti ripetuti, infezioni del tessuto placentare, rottura prematura delle membrane.
Tra le infezioni di frequente riscontro specie nel sesso femminile, va menzionata la clamidia.
Si tratta di un germe che colpisce la fascia di età in età riproduttiva  con un incidenza di circa il 25% della popolazione.
Il decorso dell’infezione  è insidioso, in quanto i sintomi di una infezione da clamidia nella donna sono molto modesti, in alcuni casi si limitano ad una dolenzia in regione pelvica, accompagnata da modico rialzo febbrile,  ( sintomo spesso assente). La clamidia ha una predilezione per gli epiteli delle vie genitali. Una volta penetrata nell’organismo, attraverso il contatto sessuale, si diffonde nelle porzioni più alte dell’apparato genitale, colonizzando il rivestimento interno delle tube, l’epitelio endotubarico. Ciò provoca  una alterazione  consistente alla delicata struttura micro ciliare  del tessuto tubarico, provocandone un danno funzionale. E’ su questa base che si spiega il grosso impatto dell’infezione da clamidia sull’infertilità.
Quando l’infezione da clamidia si estende alla pelvi il quadro clinico si complica, l’infiammazione degli organi pelvici, (utero, ovaie , tube, intestino), provoca la formazione di aderenze tra un organo e l’altro, con delle distorsioni molto marcate dell’anatomia dell’apparato riproduttivo, e le ovvie conseguenze in termini di infertilità.
Nell’uomo l’infezione da clamidia decorre per lo più asintomatica,(in alcuni casi sono presenti sintomi di tipo uretritico) e questo spiega perché il contagio avviene con facilità.
Da ultimo, non possiamo trascurare l’importanza di malattie legate ad agenti patogeni“classici”.
Tra queste, la  sifilide agente etiologico il treponema pallidum
 e tubercolosi, due malattie che fino a un ventennio addietro erano in forte calo, registrano adesso un impressionante aumento di incidenza, e ciò è spiegabile in rapporto ai flussi migratori che si sono realizzati in questo arco di tempo.
Bisogna tuttavia sottolineare il fatto che entrambe le malattie, prima ancora che sul piano riproduttivo, impattano in misura significativa sulle condizioni cliniche del paziente. I danni che vengono riportati in termini di alterazione o distorsione dell’apparato riproduttivo, sia maschile che femminile, sono di solito espressione di una fase avanzata della malattia.
Altro grosso capitolo delle infezioni sessualmente trasmissibili è rappresentato dalle infezioni virali.Anche in questo caso la lunga latenza tra l’ingresso del virus nell’organismo e la prima manifestazione clinica : la sieroconconversione agli anticorpi specifici rende i soggetti dei potenziali inconsapevoli diffusori della malattia.
E’ questo il caso dell’ AIDS causata da un virus denominato HIV di una infezione virale tristemente famosa che dagli  anni 80 in poi ha mietuto nel mondo oltre 30 milioni di vittime e  contagiato circa 60 milioni di individui.In Italia circa 1700 persone sono decedute a causa di una infezione da HIV , e questo deve far riflettere sulla pericolosità di alcuni comportamenti sessuali per così dire “disinvolti” specie da parte dei più giovani.
Meno temibile, ma altrettanto diffuso è il contagio da herpes virus  I e II Meglio conosciuti come herpes labiale e genitale. Le due varianti del virus colpiscono una grandissima fetta della popolazione mondiale, specie il tipo I il virus responsabile dell’Herpes labiale ha una diffusione pressoché ubiquitaria, ognuno di noi ha sperimentato almeno una volta nella vita quella fastidiosa vescicoletta, che insorge nella regione labiale. Il motivo per cui in alcuni individui la lesione virale si manifesta periodicamente, è che non si tratta di reinfezioni, ma più semplicemente di virulentazione, del virus che è diventato ospite definitivo dei cellule del tessuto connettivo perilabiale, in soggetti che hanno un sistema immunitario depresso.
Anche le lesioni genitali causate dall’ herpes virus II, hanno le stesse caratteristiche di quelle provocate dal herpes I, e specie in fase ulcerativa, quando la vescicoletta si rompe e lascia libero il suo contenuto sieroso, la probabilità di contagio è massima.
Com’è noto, essendo delle infezioni virali, non rispondono alle classiche terapie antibiotiche. Solo alcuni farmaci , i cosiddetti ,antivirali,(zovirax etc.) se usati in una fase precocissima della manifestazione clinica ne attenuano i sintomi e l’evoluzione.
Per concludere, il messaggio che si ritiene sia di fondamentale importanza, è quello di non sottovalutare i sintomi collegati alla sfera genitale, adottare scrupolosamente tutte le misure atte a prevenire l’eventuale contagio da parte di partners occasionali, o da partners  di cui si conosce lo stato di malattia. Prendere le adeguate precauzioni diventa così un atto di responsabilità verso sé stessi e verso la collettività. Infatti solo una diagnosi precoce una adeguata terapia, e l’adozione di comportamenti responsabili riducono i rischi di una serie di patologie che possono influire pesantemente sul benessere psicofisico e riproduttivo dell’individuo

mercoledì 9 settembre 2015

Social freezing .... una storia ” agghiacciante"




è l’ultima frontiera della tecnologia riproduttiva, forse l’ultima follia, dopo  maternità surrogate,  uteri in affitto  e gravidanze “geriatriche”.
Sei un donna in carriera, una gravidanza sarebbe altamente pregiudizievole per il raggiungimento degli obiettivi che ti sei preposta, non hai ancora trovato il partner giusto ?  presto fatto, una bella stimolazione ormonale, un prelievo ovocitario in un centro di fecondazione assistita, giù gli ovociti nel freezer et voilà il gioco è fatto.
Adesso puoi pensare serenamente alla tua carriera, non subire  i ricatti  le discriminazioni connesse al “problema “ gravidanza, cercare il compagno ideale che sarà il padre dei tuoi figli.
Alcune grandi aziende cominciano a proporre, anzi a coprire le spese per le loro dipendenti che decidono di congelare gli ovociti, rimandando la gravidanza.
Detta così non sembra una cosa così assurda, ma esaminiamo con calma i veri risvolti umani , medici, psicologici e sociali che questa tecnica reca in sè.
Milioni di anni di evoluzione hanno selezionato una specie in cui la femmina ha una finestra riproduttiva molto ristretta rispetto ad altre specie animali.
Siamo una specie a bassa fertilità, se la compariamo a quella degli altri mammiferi.
E’ il prezzo altissimo che paghiamo allo straordinario incremento volumetrico del nostro cervello   rispetto alle atre specie. La femmina della specie umana partorisce un figlio per volta, massimo due , eccezionalmente tre, e le cure parentali che sono dovute ai cuccioli di uomo sono lunghe ed estenuanti. Un vero processo di automomia del cucciolo di uomo non si realizza compiutamente prima dei 5 - 6 anni.
Sotto un profilo di osservazione darwiniano i fatti sono questi.
E’ sotto il profilo sociale che le contraddizioni cominciano a farsi evidenti.
Nonostante un lungo processo di evoluzione culturale , la consapevolezza di un diritto a pari opportunità rispetto all’uomo, la conquista difficoltosa di una credibilità sociale delle donne, al di fuori del ruolo di madri generatrici e allevatrici di figli, frutto di oltre un secolo di lotte del movimento femminista, si scontra con la realtà quotidiana e con il ricatto morale, spesso generato anche nella famiglia di origine : prima la famiglia poi tutto il resto. Fino a mezzo secolo fa questo suonava politicamente corretto. Oggi una donna che vuole lavorare , fare carriera, essere competitiva con colleghi dell’altro sesso, deve per forza scendere a compromessi, niente figli o se decide di farlo lo fa facendo una fatica che  in confronto quelle proverbiali di Ercole erano una passeggiata di salute.
E la tecnologia che ci sta a fare, viviamo nel mondo della globalizzazione, della condivisione universale  dei dati personali anche quelli più intimi. Viviamo una sorta di onnipotenza mediatica. Se una  rockstar fa una gravidanza  a 57 anni e pubblica le foto  del bebè sul suo profilo social, posso farlo anch’io. Una idiozia o un comportamento al limite dalla patologia psichiatrica trova nella sua stessa universale diffusione una immediata leggittimazione sociale e culturale.
Passeremo in breve dal social freezing dei propri ovociti all’ egg sharing, prospetttiva ancora più sconvolgente.
L’idea folle è quella di costituire una immensa banca di ovociti, cui ogni “correntista” può versare o prelevare oovociti alla bisogna.
Sono fermamente convinto della assoluta parità dei sessi , anzi  è dimostrato  che in molti  settori le donne sono molto più capaci degli uomini.  Penso che le donne abbiano il diritto di perseguire con successo gli obiettivi che più desiderano, ma non è così che si risolve il problema.
Le conquiste sociali per la parità di genere hanno fatto fare un salto gigantesto all’universo femminile, dimentichiamo un piccolo particolare: natura non facit saltus.
Come addetto  ai lavori ho ben presente la morbilità di una gravidanza cronologicamente forzata.
Le donne non devono rinunciare alle loro prerogative, ma le battaglie sulla parità di genere vanno spostate e ampliate , per forzare le agenzie governative a mettere in campo risorse ingenti nella tutela della progetto genitoriale delle donne, che scaturisca  seguendo le tracce di un istinto biologico e l’imperativo  una affettività sana  e incondizionata
Infertilità da occlusione tubarica
Mito o realta ?


La cosidetta infertilità da occlusione tubarica è un problema che sembra affliggere molte coppie alla ricerca di una gravidanza, ma di cosa si tratta nel dettaglio, quali sono le cause e quali i rimedi se ve ne sono?

Cominciamo da alcune note di anatomia.
La tuba di Falloppio dal nome di  Gabriele Falloppio, anatomista   del ‘600 che per primo la descrisse , è un organo pari, simmetrico posto in continuità con le  pareti laterali dell’utero, in prossimità del fondo.

Le tube  sono in comunicazione diretta con la cavità dell’utero  con una estremità,  e all'altra estremità comunicano con la cavità peritoneale.
La loro morfologia è simile a quella di un sottile tubicino  con l’estremità peritoneale che termina con delle digitazioni  che avvolgono parte della superficie ovarica, le cosiddette fimbrie.
L’interno del lume tubarico è rivestito  da un epitelio specializzato composto da cellule che possiedono al loro apice un apparato microciliare   e cellule che secernono muco.

E’ proprio nella tuba di Falloppio   che avviene il “miracolo” del concepimento. In questa sede l’ovocita viene “catturato” dalla tuba  all'interno del suo lume  e qui  attende gli spermatozoi che risalgono attraverso la cervice uterina  all’interno delle tube.
Una volta giunti nelle  tube, gli spermatozoi circondano l’ovocita e con gli enzimi contenuti nella loro porzione apicale, l’acrosoma, attaccano lo spesso involucro , una matrice glicoproteica , che circonda l’ovocita stesso, la zona pellucida.
Un solo spermatozoo riesce a penetrare  la zona pellucida e ad entrare nel citoplasma della cellula uovo. In questa fase si realizza la fusione dei corredi cromosomici di spermatozoo e ovocita.
il risultato di questo processo di fusione dei cromosomi  è lo zigote, lo stadio più precoce di un embrione . Nella tuba lo zigote inizia il processo di replicazione cellulare che lo porterà nel giro di alcuni giorni , in  media 3 – 4  allo stadio di blastocisti. In quest’ultima i processi di replicazione cellulare procedono molto rapidamente e all’interno della massa cellulare che la compongono si comincia a delineare una cavità ripiena di liquido il blastocele.
                                                               
La migrazione della blastocisti dall’interno della tuba alla cavità uterina, avviene grazie all’azione combinata del movimento delle microciglia, e a i movimenti peristaltici  della muscolatura della tuba stessa
Questo processo avviene in condizioni normali, quando le tube sono in possesso della loro integrità anatomica.
Accade qualche volta che  le tube presentino dei problemi. Di solito si parla di occlusione tubarica, ma il più delle volte il transito delle tube non è definitivamente bloccato, o per lo meno può non esserlo per delle strutture microscopiche come spermatozoo e ovocita.
Bisogna ricordare che le dimensioni massime di uno spermatozoo sono  di circa 7 micron nel tratto cefalico , vale a dire 7 millesimi di millimetro. L’ovocita, misura circa 150 micron, è sensibilmente più grande ma purtuttavia di dimensioni infinitesimali.
Risulta difficile ipotizzare che delle strutture tanto piccole non riescano a trovare un varco tra le pareti della tuba “occlusa”.
La definizione di occlusione, non è infatti una definizione di tipo funzionale, ma è una constatazione  legata più che altro alla meccanica dei fluidi , che poco a che vedere con la funzionalità della tuba medesima.
Uno degli esami, che noi ginecologi  effettuiamo più spesso  nella diagnostica della  infertilità è,  per l’appunto,  l’isterosalpingografia.
Si tratta di un esame radiologico che ci consente di visualizzare mediante l’iniezione attraverso il collo dell’utero  con un’apposita cannula, di  un mezzo di contrasto radio opaco che  sulla lastra fornisce l’impronta della cavità uterina, cui si associano due immagini filiformi, riconducibili al lume tubarico.In condizioni normali, si osserva uno spandimento del mezzo di contrasto in cavità peritoneale.
In alcuni casi lo spandimento in peritoneo non avviene  e l’immagine che appare sulla radiografia mostra  solo la  cavità uterina  o porzioni più o meno variabili delle tube, ma senza che risulti apprezzabile lo spandimento del mezzo di contrasto. Il radiologo pone quindi la diagnosi radiologica di occlusione tubarica.
Nella pratica clinica capita spesso di vedere dei quadri isterosalpingografici definiti normali, senza che la coppia riesca ad ottenere il concepimento nonostante la normalità di tutti gli altri parametri, e al contrario dei quadri radiologici francamente patologici che, seppur più raramente sono seguiti da concepimento.
Come si spiega tutto ciò?

La spiegazione sta nel fatto che  l’esame isterosalpingografico  ha una bassa specificità per quanto attiene gli aspetti funzionali delle tube, è un esame che può  fornire discrete informazioni della morfologia endocavitaria dell’utero,  e delle tube, ma nulla mi restituisce in termini di conoscenza di eventuali alterazioni funzionali . Tuttavia se desideriamo delle informazioni più dettagliate sulla morfologia della cavità uterina, un studio isteroscopico  ci fornisce informazioni più precise, in quanto consente una visualizzazione diretta delle strutture esaminate.
Ma allora perché continuiamo a prescrivere e ad eseguire l’isg?
E’ un esame  che si fa da moltissimi anni, probabilmente i ginecologi sono affezionati a questo esame rudimentale,che purtuttavia essendo di facile  e rapida esecuzione  può comportare dei vantaggi in termini diagnostici. Nulla a che vedere con la messe di informazioni che si otterrebbero con un esame laparoscopico, che ci permette di esplorare  la cavità addominale,  e l’apparato riproduttivo femminile, al prezzo di una invasività molto  maggiore, e di un ricovero ospedaliero, rispetto alla semplice isg.
Perché  allora , come si accennava prima una paziente con un quadro iterosalpingografico “normale” non riesce a ottenere il concepimento desiderato, a dispetto della apparente normalità di tutte le altre variabili della fertilità?
La risposta potrebbe stare nel fatto che non è necessario che una tuba  si occluda per smettere di funzionare. L’occlusione completa, quella che per intenderci sbarra la strada al mezzo di contrasto, è l'esito  di un processo infiammatorio così marcato da determinare un collabimento delle pareti tubariche, ma anche un processo infiammatorio meno severo è in grado di alterare in modo consistente l’architettura microscopica del tessuto endotubarico, lasciando la pervietà  della tuba inalterata, ma ponendola di fatto fuori uso.
In questi casi è opportuno parlare di patologia tubarica non ostruttiva.
Di solito questi quadri sono associati a infezioni sessualmente trasmesse, alcuni germi hanno una particolare predilizione per alcuni organi. La clamidia, il micoplasma, l’ureoplasma, sono tra i microorganismi più frequentemente  isolati dal tratto tubarico. La clamidia è a volte responsabile di un quadro molto severo di infiammazione degli organi pelvici, fino a determinare una vera e propria sindrome aderenziale diffusa. Si parla in questi casi di malattia infiammatoria pelvica.
A dispetto del quadro anatomopatologico  severo, in molti casi queste infezioni non hanno un quadro clinico marcato. Le pazienti accusano nella maggior parte dei casi dei vaghi dolori pelvici o una modesta febbricola serale.
Cosa ci può aiutare in questi casi nella diagnosi?
L’osservazione clinica, il riscontro di un partner maschile con una flogosi seminale cronicizzata, o ancora meglio il riscontro di un profilo immunologico anticorpale contro questi germi possono orientare il sospetto e nel caso di una gravidanza tardi oltre un certo limite è lecito valutare insieme alla coppia l’opportunità di un concepimento assistito.




lunedì 30 settembre 2013

fecondazione in vitro come quando e perchè

La fecondazione in vitro 
ha rappresentato nell'ultimo trentennio uno dei più stimolanti campi di ricerca e  applicazione clinica in Medicina.
Dal 1978 anno di nascita della prima bambina concepita in provetta, Louise Brown, abbiamo assistito ad una serie di straordinari progressi nella terapia della infertilità di coppia.
La condizione di infertilità cui molte coppie apparivano tristemente condannate è stata in numerosissimi casi debellata grazie alle tcniche di fecondazione in vitro..
Si calcola che oltre 10.000 bambini ogni anno nascono grazie ad una tecnica di fecondazione assistita.

Ma veniamo nei dettagli, di cosa si tratta, quando è indicata, quali sono i tempi  e i modi di attuazione
Per grandi linee possiamo dividere le tecniche di fecondazione assistita in tre livelli

1 livello inseminazione intrauterina
2 livello fivet/icsi
3 livello fivet/icsi + prelievo testicolare degli spermatozoi

il primo livello comprende fondamentalmente l'inseminazione intrauterina.


come si attua una inseminazione intrauterina ?


Si tratta di una tecnica relativamente semplice e poco invasiva.
Essa si basa sull'introduzione nella cavità uterina di un sottile catetere all'interno del quale è contenuta una piccola quantità, di solito 0.3 cc, di liquido seminale debitamente "preparato" in laboratorio.
La preparazione si avvale di una selezione degli spermatozoi mobili. Ciò viene attuato centrifugando il liquido seminale, allo scopo di concentrare tutti gli spermatozoi sul fondo della provetta e successivamente  sfruttando la loro mobilità prelevando dagli strati più superficiali solo gli spermatozoi mobili.
Questa  procedura viene denominata swim up, proprio per la capacità degli spermatozoi mobili di nuotare verso la parte più alta del liquido contenuto nella provetta, separandosi così dagli spermatozoi immobili, e da tutti gli altri elementi cellulari non necessari.
La procedura di iniezione degli spermatozoi al'interno della cavità uterina non è dolorosa, richiede solo alcuni minuti ed è una pratica totalmente ambulatoriale.

 Quando è indicata una inseminazione intrauterina (iui) ?

Una IUI trova indicazione nei seguenti casi:
1 infertilità inspiegata
2 endometriosi lieve
3 fattore cervicale di infertilità
4 malformazioni genitali che impediscono una regolare dinamica coitale


Quali sono le percentuali di successo della IUI ?


In letteratura le percentuali di gravidanza per ciclo di IUI sono molto variabili e risentono  della eterogeneità del campione trattato in ordine alla patologia, e alla età della partner. si stima comunque che una percentuale di successo intorno al 15% - 18% / ciclo sia da considerarsi realistica.
In molti  casi, quindi, rappresenta una procedura facilmente impiegabile, ove esistano le indicazioni elencate sopra.

il secondo livello comprende le tecniche di

fivet e icsi.
. Vediamo in dettaglio di cosa si tratta.
Com'è noto il processo di fertilizzazione avviene all'interno della tuba di Falloppio.
Qui l'ovocita e gli spermatozoi si incontrano. Un solo spermatozoo riesce a "bucare" il rivestimento esterno della cellula uovo, e a penetrare all'interno, fondendo i suoi cromosomi con quelli dell' ovocita , dando luogo alla formazione dell'embrione.
Dopo circa 72 ore l'embrione cosi ottenuto migra all'interno della cavità uterina dove si impianta per mezzo di un tessuto specializzato ,il trofoblasto, che darà poi luogo alla placenta.
In quei casi in cui tale processo non può avvenire nella sede fisiologica della tuba, è possibile "surrogare" la funzionalità tubarica in laboratorio.

Vediamo come si procede.
un ciclo di fivet o icsi (vedremo più in là le differenze) prevede come fase preliminare l'esecuzione di esami di laboratorio per la ricerca delle più comuni malattie infettive e genetiche.
Una volta valutato l'esito degli esami si procede alla stimolazione farmacologica dell'ovulazione.
Ciò si realizza si solito  con la somministrazione di FSH (ormone follicolo stimolante), Tale ormone viene somministrato per iniezione sottocutanea, giornaliera con un dosaggio variabile a seconda della età della paziente e della risposta ovarica.
Una volta raggiunta una adeguata risposta ovarica in termini di produzione di follicoli ovarici, si induce la maturazione degli ovociti contenuti all'interno dei follicoli mediante una iniezione di un altro ormone la gonadotropina corionica (HCG)
Circa 36 ore dopo l'iniezione dell' HCG  si procede al prelievo chirurgico degli ovociti (pick up).
Il pick up ovocitario è una tecnica chirurgica relativamente semplice, viene condotta in regime di ambulatorio chirurgico. Essa viene attuata visualizzando con l'ecografia transvaginale i follicoli ovarici, e procedendo alla loro puntura e aspirazione mediante un sottile ago collegato alla sonda dell'ecografo.
Il liquido  follicolare , raccolto nelle provette viene consegnato al biologo, il quale con l'ausilio di un particolare microscopio ( stereomicroscopio) verifica la presenza degli ovociti.
Una volta isolati gli ovociti dal fluido follicolare, si procede o alla iniezione di un singolo spermatozo per ovocita come nel caso della ICSI (iniezione intracitoplasmatica degli spermatozoi) o all'immersione degli stessi un una provetta in cui sono contenuti degli spermatozoi  "capacitati" cioè attivati per fertilizzare l'ovocita.
In questo caso la tecnica prende in nome di FIVET.
In entrambe i casi dopo la procedura di inseminazione o esposizione degli ovociti agli spermatozoi, si procede al loro trasferimento in un incubatore.
All'interno dell'incubatore si realizzano le condizioni ideali per lo sviluppo cellulare, così dopo un periodo di tempo variabile da 24 a 36 ore si ha la formazione dell'embrione, pronto per essere posizionato all'interno dell utero.
Il trasferimento embrionario avviene in modo semplice e poco invasivo. Esso si realizza mediante  una cannula sottile introdotta attraverso il collo dell'utero, all'interno della cavità uterina..
Trascorsi  quattordici giorni dal transfer dell'embrione o degli embrioni (spesso si trasferiscono più embrioni quando sono disponibili) la Paziente si sottopone ad un prelievo di sangue per dosare il beta hcg l'ormone che viene prodotto dal tessuto coriale (placenta) neoformato.
Le percentuali di successo di un ciclo FIV sono variabili. Esse dipendono in primo luogo dall'età della donna, e in secondo luogo dalla patologia che sta alla base dell'infertilità e dalla durata dell'infertilità stessa.
Risulta difficile fornire un dato statistico certo e attendibile  sulla probabilità di successo di un singolo ciclo di FIV, in quanto le variabili da tenere in conto sono numerosissime.
Come già accennato l'età della donna è l'aspetto più rilevante. Ciò è da mettersi in relazione al fatto che gli ovociti subiscono nel corso degli anni un progressivo invecchiamento che porta ad una minore "fecondabilità" degli stessi, e in ultima analisi in una minore produzione di embrioni vitali.
In ogni caso si stima che un singolo ciclo di fiv restituisca una probabilità di gravidanza pari al 25/30 % quando la paziente ha meno di 35 anni e  del 11/18% quando ha più di 35 anni.
Sono percentuali di successo che sembrano molto basse,ma in effetti bisogna partire da un presupposto biologico:  la specie umana è a bassa fertilità e in natura si registrano percentuali di concepimento spontaneo sovrapponibili a quelle ottenute in laboratorio.
In definitiva è possibile affermare che quando un ciclo di fecondazione in vitro viene correttamente applicato sotto il profilo delle indicazioni si ottiene una "normalizzazione" della probabilità di gravidanza dalla coppia affetta da infertilità, e che quindi per definizione ha un tasso di fertilità estremamente ridotto  se non assente rispetto alla norma.
Un ultimo accenno meritano le tecniche di diagnosi preimpianto.
Esse prevedono una indagine genetica  sull'embrione.
E' tecnicamente possibile eseguire una biopsia sul'embrione, cioè asportare  una sola cellula, senza arrecare danni per lo sviluppo successivo, e effettuare uno studio genetico sul DNA embrionario prima del suo eventuale trasferimento.
Candidati  a queste tecniche sono  quei genitori  affetti da gravi malattie genetiche che essi stessi possono veicolare in qualità di portatori sani , ma che nel nascituro potrebbero avere conseguenze devastanti.
(si pensi alla condizione di portatore sano di beta talassemia e  alla condizione di malattia vera e propria).
In conclusione è di fondamentale importanza una corretta valutazione del tipo di infertilità da cui è affetta la coppia, da una corretta scelta della tecnica da adottare allo scopo di ottenere i migliori risultati in termini  di gravidanze

non è un paese per veccchi ....

L'infertilità nei paesi industrializzati ha raggiunto negli ultimi anni livelli crescenti.
La denatalità nel nostro paese , specie nelle regioni del nord ha assunto aspetti preoccupanti.
Le stime dell'ONU per il quinquennio che va dal 2008 al 2013, ci pongono al 183 posto  su 195 con una media di 9,2 nati per 1000 abitanti (fonte wikipedia).
Fare delle considerazioni di tipo sociologico non è impresa facile, in quanto dopo di noi nella classifica seguono alcuni paesi dell'Europa dell'est, alcune paesi orientali (Singapore, rep. Macao) e stranamente la Germania.
Evidentemente i motivi di una così grave denatalità non sono univoci. Se possiamo identificare  in alcuni paesi dell'est Europa le cause della denatalità nella crisi che attanaglia economie non floridissime, che per forza di cose non possono destinare grandi risorse al sostegno dello sviluppo, demografico, parimenti è facile immaginare che nei paesi orientali le politiche di controllo demografico agiscano con particolare efficacia. Rimane controverso il dato della Germania, paese in cui gli effetti della crisi economica hanno avuto un impatto senz'altro minore rispetto al resto d'Europa,  in una realtà peraltro in cui come è tradizione nelle democrazie nordiche esiste una grande attenzione alle politiche del welfare..
In ogni caso, non era di questo che volevo parlare, ma della problematiche connesse alla riproduzione umana.
Un dato è certo in una economia industriale  depressa la carenza di risorse limita  la spinta demografica, mentre nei paesi in via di sviluppo avviene il contrario l'incremento numerico degli individui  cerca di controbilanciare la carenza di risorse economiche.
Ma torniamo in casa nostra. Chi come me si occupa di problemi riproduttivi non può fare a meno di notare che negli ultimi decenni si è avuto un incremento delle patologie riproduttive.
La spiegazione è semplice e immediata. 
Noi siamo un Paese industrializzato, facciamo parte del club delle 20 migliori economie del mondo (almeno in linea teorica). Abbiamo tuttavia pagato a questo un prezzo,  quello della denatalità tipica del paese industrializzato.
Ma ora al danno si aggiunge la beffa. impieghiamo anni e anni a formare le nuove leve da impiegare nei vari settori dell'economia, e quando sono finalmente pronte non siamo in grado per mancanza di una seria politica di programmazione a fornire risposte concrete alle aspettative lavoro.
Il giovane di oggi non ha lavoro, non ha credito, non riesce a metter su famiglia, e in questo scenario il progetto di avere dei figli non è il primo della lista.
Il progetto figli viene cosi rimandato sine die con conseguenze pesanti sulla fertilità futura.
Senza entrare nell'ambito della terapia ci limitiamo a auspicare da parte dei politici  una attenzione maggiore alle misure di incentivazione della famiglia e alle politiche sanitarie volte alla  diffusione di una nuova cultura riproduttiva.
L'infertilità   è stata troppo a lungo considerata una patologia di serie B cui destinare risorse economiche marginali, E' ora che ci si renda conto che lo sviluppo economico e sociale parte da un adeguato ricambio generazionale  che deve essere sostenuto e  incentivato con adeguate politiche per la famiglia.

lunedì 17 ottobre 2011

riduzione della fertilità nei paesi industrializzati : mito o realtà ?

"Meglio tardi che mai " è un vecchio adagio che accompagna un'azione spesso tardiva ma necessaria e  a lungo attesa. 
A giudicare dai dati statistici in nostro possesso possiamo affermare con certezza che in ambito riproduttivo tale assunto non ha grande validità, anzi andrebbe più correttamente sostituito con "prima è e meglio è".
L'evoluzione del costume della società moderna ha spostato la ricerca di prole di circa un decennio in avanti.
Gli effetti di questa tendenza cominciano a manifestarsi già da diversi anni.
Le cause di questo differimento riproduttivo sono da ricercare nelle mutate condizioni economico - sociali dell'ultimo trentennio.
Dopo l'ultimo boom demografico registratosi  tra la fine degli anni 50 e gli anni 60, si è assistito ad un progressiva riduzione delle nascite, fino ai preoccupanti livelli di denatalità che caratterizzano le società, per così dire, evolute.
E' ovvio che grande  parte di questa denatalità risente di fattori di programmazione sociale (voluti o no), ma è innegabile che una parte rilevante di tale fenomeno è determinata da  difficoltà ad un concepimento che è stato differito per lunghi anni.
In questo trend analitico socio economico devono per forza di cose trovare posto considerazioni di tipo sanitario. 
Il calo delle nascite è solamente funzione delle caratteristiche anagrafiche della popolazione ? o in questo bilancio si inseriscono fattori confondenti.
La soluzione al quesito non è facile, in quanto in una analisi puramente demografica è difficile stabilire la valenza di elementi specifici ambientali nel determinismo della patologia riproduttiva.
In letteratura scientifica si vanno accumulando prove sempre più schiaccianti circa l'azione deleteria sulla fertilità (maschile e femminile) di determinate sostanze che entrate nella catena alimentare si integrano con i processi metabolici dell'individuo provocando severe alterazioni nella produzione di gameti.
In quest'ottica è semplice rendersi conto che maggiore è l'esposizione temporale a tali sostanze (pesticidi,conservanti, etc) maggiore sarà l'effetto dannoso sull'apparato riproduttivo.
Altro punto cruciale da tenere in considerazione è la sempre maggiore incidenza di malattie sessualmente trasmesse. Anche in questo caso la diffusione di costumi sessuali più liberi, la precocità dei primi rapporti sessuali giocano un ruolo fondamentale.
Infezioni batteriche anche lievi sono spesso responsabili di lesioni  della microanatomia dell'apparato riproduttivo femminile. Si pensi alla elevatissima incidenza di patologie tubariche non ostruttive post flogistiche.
Anche in questo caso il fattore tempo, e cioè la lunga esposizione al rischio di  malattia o alla malattia stessa non può che incidere negativamente  sulla storia riproduttiva dell'individuo.
La domanda che sorge spontanea è a questo punto che fare ? ritornare a riprodursi in età adolescenziale, come nelle società rurali dell'inizio del secolo scorso, o piegarsi alle opportunità riproduttive di una società industrializzata?
La risposta, lungi dal voler fare un esercizio di retorica, sta nelle Istituzioni e nelle Agenzie educative.
La tutela di un ecosistema per quanto possibile libero da inquinanti ambientali, ancorché utopico, è senza meno responsabilità dei Governi nazionali e sovranazionali. 
La responsabilità  dell'educazione sessuale spetta, come è noto alle tradizionali Agenzie educative scuola/famiglia.
Alla Sanità compete un ruolo non facile: individuazione dei fattori di rischio, attuazione di tutte le possibili strategie di medicina preventiva, affinamento della tecnologia della medicina della riproduzione.
All'uomo della strada il buon senso, la misura , la saggezza dei nonni : prima è meglio è!




venerdì 19 agosto 2011

varicocele e infertilità




             
        Varicocele istruzioni per l’uso





  •  Cos’è il varicocele ?
  • è una patologia grave ?
  • mi darà problemi  riproduttivi ?
  • è vero che spesso è presente senza dare alcun sintomo ?
  • è necessario intervenire chirurgicamente per correggerlo?
Tutti questi interrogativi assalgono una fetta rilevante della popolazione maschile in età fertile, che spesso si trova a gestire una diagnosi di varicocele senza aver le idee chiare sulle conseguenze che esso può determinare e sui possibili rimedi.

cos'è il varicocele ?

Il  varicocele è una patologia vascolare, che interessa le vene che consentono lo scarico del sangue venoso dal testicolo :  il plesso pampiniforme . La lesione che si realizza nelle vene interessate non è altro che una dilatazione varicosa delle vene.
 Le vene sono dei vasi sanguigni in cui il sangue fluisce a bassa pressione (a differenza delle arterie, in cui la progressione del flusso sanguigno è garantita dalla spinta propulsiva del cuore).
All’interno delle vene  il flusso sanguigno procede quindi più lentamente e nelle parti più basse del nostro corpo, addome, bacino, arti inferiori  deve vincere la forza di gravità che tenderebbe a farlo ristagnare o refluire nelle parti più basse.
Ad evitare questo ristagno , o peggio ancora questo reflusso, la natura ha posto in atto dei correttivi, da un lato il flusso sanguigno venoso viene aiutato nella sua propulsione antigravità dall’azione delle masse muscolari che spremono il sangue  nella risalita lungo gli assi vascolari venosi fino al ventricolo destro del cuore  e poi nei polmoni , e dall’altro la presenza all’interno delle vene di particolari strutture valvolari, dette a “nido di rondine “ per la loro caratteristica forma che impediscono in reflusso del sangue verso il basso.
Ma allora perché in alcuni casi si realizza lo stesso un malfunzionamento del vaso venoso e il sangue non circola adeguatamente?
Il primo evento a determinare tale alterazione è un aumento di calibro del vaso che provoca una progressiva perdita di efficacia dell’apparato vascolare  venoso contribuendo a innescare un circolo vizioso di aumento di calibro del vaso, peggioramento della funzionalità dello stesso.
Le cause di questo progressivo sfiancamento del vaso venoso sono da ricercarsi in fattori costituzionali, ormonali, ambientali, metabolici. 
Abbiamo quindi esaminato per grandi linee i meccanismi di innesco di una patologia vascolare, ma più in dettaglio cos’è il varicocele e in cosa differisce dalle altre più comuni patologie vascolari ?
Il varicocele    è una patologia subdola in quanto non si manifesta con sintomi eclatanti ( si pensi alla sintomatologia connessa alle varici degli arti inferiori o alle emorroidi), ma i suoi effetti in molti casi costituiscono un serio danno alla funzione testicolare e quindi al potenziale riproduttivo.

Come faccio a sapere se ho il varicocele ?

una elevata percentuale di uomini  circa un quinto della popolazione maschile in età fertile presenta tale patologia vascolare, e circa un terzo di soggetti infertili presenta un grado variabile di varicocele.
 La localizzazione a sinistra della patologia varicosa è determinata da cause anatomiche in quanto, a sinistra  la vena spermatica sbocca ad angolo retto nella vena renale, mentre a destra la vena spermatica sbocca formando un angolo acuto nella vena cava. Quindi per ragioni idrostatiche facilmente intuibili, a sinistra il reflusso è emodinamicamente più significativo.
Parimenti i danni alla funzionalità testicolare sono più evidenti  a sinistra sopratutto per quanto riguarda la volumetria testicolare.
E' di riscontro comune un grado variabile di riduzione di volume e consistenza del testicolo affetto da varicocele.
I parametri seminali risultano molto spesso alterati in presenza reflusso venoso. Le alterazioni seminali più frequenti riguardano la concentrazione di spermatozoi per ml. (densità nemaspermica) la percentuale di forme mobili e  la percentuale di forme morfologicamente normali. Si tratta, quindi di un'alterazione globale delle caratteristiche seminali  che induce pertanto una riduzione variabile del potenziale di fertilità del soggetto.

Come ci si accorge della presenza di un varicocele?

Di solito i sintomi sono molto modesti o assenti. Nei gradi più avanzati il paziente può avvertire un senso di peso, o di dolenzia vaga al testicolo o alla regione perineale.
In alcuni casi è possibile osservare e palpare le vene dilatate il cui calibro aumenta durante gli sforzi eseguiti in apnea.
Se il varicocele è presente da molto tempo, l'alterazione circolatoria che ne consegue , provoca una progressiva riduzione di volume del testicolo. In questi casi, alla autopalpazione, il paziente oltre a percepire le vene dilatate può apprezzare anche una riduzione del volume e della consistenza del testicolo rispetto al controlaterale.

Si tratta di una patologia grave?

dal punto di vista clinico non possiamo parlare di una affezione grave, in quanto anche nei quadri con decorso evolutivo, non si realizzano gravi danni alla salute generale dell'Individuo fatta eccezione per la funzione testicolare il cui grado di compromissione è variabile e spesso non correlato alla dimensione e alla durata del varicocele stesso.

quando è opportuno correggere chirurgicamente il varicocele ?

La decisione su quando intervenire chirurgicamente è molto delicata.
E' possibile orientare la scelta se operare o meno in base a criteri puramente strumentali.
In questo l'esame più adeguato per diagnosticare e quantificare l'entità della patologia vascolare è il doppler.
Il solo criterio strumentale espone però al rischio di un over treatment di alcune forme.
In alcuni casi, il rilevo strumentale di un reflusso sanguigno cospicuo, non si associa ad una significativa alterazione del quadro seminale, e quindi ad una marcata riduzione del potenziale riproduttivo.
Si ritiene più opportuno, quindi, porre l'indicazione all'intervento chirurgico sulla base di una valutazione integrata che prenda in considerazione i dati che ci derivano dalle indagini strumentali, e i dati che ci derivano dalla osservazione clinica del Paziente e dalla valutazione della sua  storia riproduttiva.
Giusto per esemplificare  un varicocele in un soggetto giovane, alla ricerca di figli, con iniziali alterazioni dei parametri seminali è da tenere seriamente in considerazione per un trattamento chirurgico.
Non altrettanto netta e precisa esiste una indicazione chirurgica in un sogetto  di età superiore ai 35 anni, con marcate alterazioni dei parametri seminali, e con una rilevante riduzione della volumetria e della consistenza testicolare in quanto in questi casi, ottenere una normalizzazione post chirurgica dei parametri seminali è altamente improbabile.
In ogni caso la parola finale spetta al clinico che ha in gestione la salute andrologica del Paziente, meglio se in stretta collaborazione con il ginecologo che si occupa delle problematiche riproduttive della Coppia.